In un mondo in cui la vita può spesso scorrere in un turbinio di scadenze e distrazioni, c'è un uomo che ha scelto un percorso diverso, fatto di passi deliberati e senza fretta lungo il ritiro spirituale del Cammino.
Per oltre un anno ha percorso in media 25 chilometri al giorno lungo l'antica via di pellegrinaggio, trovando conforto nel mettere un piede davanti all'altro e nei paesaggi, nelle cucine e nei paesi sempre diversi che si estendono davanti a lui.
In un viaggio segnato non solo dalla distanza fisica (oltre 5480 km finora, per la precisione) ma anche da una profonda trasformazione interiore, egli ricorda a tutti noi il potere dell'arricchimento culturale e ci racconta come è riuscito a connettersi con le persone di tutto il mondo.
Nell'intervista che segue, condivide la saggezza acquisita durante il suo straordinario viaggio e offre spunti di riflessione sulle connessioni tra il Camino, il sé e il mondo esterno.
Può iniziare raccontandoci qualcosa di te?
Cima verso l'inizio della sua passeggiata a Stonehenge, in Inghilterra.
Mi chiamo Roberto Cimarosa, ma per tutti sono sempre stato Cima. Sono italiano. A fine ottobre, ahimè, saranno 45. Sono un grafico impaginatore editoriale freelance da oltre sedici anni. Ho iniziato il Cammino da Londra il 28 aprile 2023 (cinque giorni dopo aver corso la maratona di Londra). Sono sul Cammino da più di un anno. Dove penso di finire, invece, è un gran bel dilemma. Mi stuzzica l’idea strampalata di tornare in Italia a piedi. Insomma, non programmo ancora nulla a così lungo termine perché l’ultima volta che mi sono espresso, ho detto che avrei iniziato il Cammino del Nord a metà giugno, e mi sono ritrovato a Irun (inizio del Camino del Norte) a fine agosto… giusto per far capire quanto “bravo” sia a programmare.
Cosa ti hai ispirato a intraprendere il Cammino?
Non saprei darti una motivazione profonda, forte... Volevo tornare a Santiago, da solo questa volta, facendo qualcosa di “stupefacente” che conciliasse la mia fortuna di poter lavorare ovunque e la voglia di vivere viaggiando. Tornando da settanta giorni dagli States fatti per i miei quarant’anni a dicembre 2019, avevo già fantasticato qualcosa di assurdo, impegnativo ed effimero. Poi c’è stata la pandemia ed allora non potendo fare più nulla ho fantastico sul mio “Grande Piano”. Percorrere la Panamericana (da Prudhoe Bay, Alaska fino a Ushuaia, Tierra del Fuego, Argentina) in bicicletta. Quindi durante la pandemia ho messo giù delle ipotetiche tappe più che altro per capire quali deviazioni fare per scoprire il più possibile.
Monte Saint-Michel in Normandia, Francia.
Poi sono passati un po’ di anni ma camminare e fare il Cammino era sempre comunque nella mia testa, e le persone, i luoghi, il cibo, i sentimenti, le emozioni già incontrate sul Cammino Francese con mio padre nel 2019 di volta in volta tornavano prepotentemente in testa. Invece, la motivazione o la spinta inconscia è stato mio padre che l’anno prima che partissi (nel 2022) ha fatto il Cammino da solo: Lisbona – Santiago – Porto. Come sì dice: “la mela non cade mai lontano dall’albero”. Quindi, forse un po’ di invidia e ammirazione mi ha fatto intraprendere questo Cammino. Non credo di avere una forte spiritualità ma semmai la infrenabile voglia di conoscere, vedere, osservare, ammirare, sentire… questo sì.
In che modo l'esperienza del Cammino hai influenzato la tua visione della vita fino ad ora?
Devo confessare che fino a non tanto tempo fa non ero proprio un tipo simpatico. Ero molto malmosto, a tratti mi hanno definito arrogante. Diciamo un po’ “pirla” (“stupido” come dicono a Milano). E quindi sì il Cammino mi ha mutato e evolversi in positivo. Come non molto tempo fa ho detto ad una Pellegrina: “ho scoperto che è molto più efficace una parola “gentile” che una “cinica, razionale” (in realtà ho usato il termine “pratica” per un discorso che sappiamo io e Lei)”. Quindi reputo questo mio Cammino un positivo processo di crescita mentale, personale, importante e non indifferente. Soprattutto nell’interagire con le persone che magari non parlano la tua lingua ma provi e riprovi, e piano piano ci sì comprende. Sì impara sempre qualcosa, dicono i saggi, e questo può essere una lingua, una situazione da prendere diversamente da come l’hai sempre presa, parlare con persone da qualsiasi parte del mondo, ceto sociale, problematiche, età diverse dalle tue. Questo mi dà tanta soddisfazione.
Sull'acquedotto del Convento di Cristo in Portogallo.
Puoi condividere l'incontro o l'esperienza più memorabile che hai vissuto lungo il Cammino?
[Si noti che Cima ha scritto più di una pagina di persone e interazioni speciali che sono state ridotte per motivi di spazio].
Non vorrei e non posso citarne solo uno perché sarebbe riduttivo. Per mia fortuna ce ne sono stati tanti, e per fortuna posso dire che ho sempre incontrato persone meravigliose con cui condividere una tappa, un pasto, una birra, abbracci, pianti, emozioni, tuffi nell’oceano, pioggia e sole.
Potrei fare mille nomi e situazioni ad essi correlati, ma mi piace ricordare come incontri speciali, quelli con Greg e Dee (trés café con Leche) così ci siamo definiti con i quali ho condiviso tanti giorni e tanto “amore fraterno”. L’incontro con le ragazze sul Camino del Norte: Alessandra, premurosa brava mamma e curiosa. Bianca, che probabilmente è una mia parente (ha lo stesso cognome e origini del paesino in Calabria di mia nonna materna). Marie-Aurelie, Bruno, i due Jean-Luis sul mio Cammino in Francia. Michael, con cui ho condiviso diversi chilometri e giorni sul “piovoso” Cammino Portoghese… ci siamo dati forza, come ci siamo viziati con la birretta delle dieci di mattina dopo aver superato un ponte. Lui soffre di vertigini e quindi il superamento di un ponte equivale a qualcosa da festeggiare, ecco il perché della birra alle dieci. Emilia e Olimpia con le quali ho passato solo una sera insieme eppure ci sentiamo come fossimo conoscenti, amici da una vita.
Quindi non c’è un incontro solo da ricordare o più significativo, ma probabilmente la connessione più forte è stata con Veronica ma probabilmente qui sì parla anche di attrazione, complicità, affetto, magnetismo che pian piano è accresciuto col tempo. Io ero sul Cammino e Lei a casa che a modo suo mi incoraggiava, spronava, e mi stava vicino. Ero in giro da oltre sei, sette, otto mesi ed ero davvero stanco della pioggia, freddo, e del camminare solo. Ecco a suo modo mi ha fatto sentire apprezzato e dopotutto non così lontano da casa, seppur con i suoi tempi biblici nel rispondere ai messaggi.
Cima con Greg e Dee, arrivando a Bilbao.
Dove dormi di solito?
Il dormire effettivamente è spesso stato un dilemma. Posso dire che quando sono su un Cammino ufficiale, come il Nord, il Portoghese, o l’Inglese, etc ci sono un buon numero di accoglienze in fantastici dormitori con gente che “ronca” russa in spagnolo, odori di “queso” (formaggio) che provengono da scarpe, vestiti… e ciò fa parte del Cammino. Però ho avuto per diversi mesi la tenda con me, come l’ho tutt’ora da quando sono ripartito da Lisbona il 22 gennaio 2024. In tenda credo di averci dormito un buon 75-80 giorni sulla novantina passati in Francia. Ho bivaccato, come ho sfruttato i campeggi. Può dipendere i chilometri che quel giorno mi sento e riesco poi effettivamente fare. Quindi non ho una regola e mi adatto al momento. Dormire in tenda per me non è squallido o triste… anzi.
Cima dorme nella campagna inglese.
Quali sfide hai affrontato durante il Cammino e come le hai superate?
Ci sono state e più diverse sfide, difficoltà che per fortuna ho superato. Ho avuto un paio di attacchi d’ansia, tachicardia, ma forse era dovuta alla troppa umidità in tenda in Inghilterra e Francia. A volte il problema era trovare da mangiare soprattutto in Francia la domenica è un disastro (tutto chiuso) ma non sono mai morto di fame. Ci vuole tanto spirito di adattamento e riflettere sulla soluzione. Ogni giorno mi ritrovo a risolvere problemi anche che non ho generato io. Una sfida può essere una tappa tosta ma essendo un maratoneta capisco quando è il momento di fermarsi, riprendere le forze, eppoi la fatica non mi dà fastidio, anzi sono endorfine buone.
Come concilia il lavoro con il Cammino?
Ho con me il computer e quando ho necessità di dover stare qualche giorno fermo per una scadenza, mi fermo i giorni che ho bisogno. Sicuramente ho una buona capacità organizzativa ormai vecchia di oltre quindici anni da freelance. Avevo scadenze imminenti e di fatti mi sono fermato tre notti nello stesso posto. È capitato di lavorare ovunque. In una antica valle di mulini, in spiaggia, in un campo, al bar, monastero, ostello, ovunque, anche solo per due correzioni veloci e inviare il file. Non avendo fretta, ma avendo tutto il tempo di questo mondo, con una buona capacità organizzativa sì può fare. Ci vuole forza e costanza. Ma devo anche ringraziare tutte quelle persone che con una piccola o sostanziosa donazione mi hanno supportato.
In che modo il cibo e le bevande hanno contribuito all'esperienza complessiva del pellegrinaggio?
Il cibo per il sottoscritto è molto importante e non sono mai stato il classico italiano che ovunque va deve e pretendere di mangiare italiano… anzi tutto il contrario. Sono quello con una baguette sotto braccio che passeggia per le vie di Cherbourg. Che sì concede le ostriche e un buon bicchiere di vino Bordeaux. Sono quello che preferisce il Sidro alla birra in Bretagna. Fish ‘n Chips e birra stout in Inghilterra, preferibilmente al pub. Il tizio del cafè con leche, tortillas, bizcocho, tostada, churros, pulpo, pinchos (nei Paesi Baschi) tapas in Spagna. Il classico pellegrino da café com leite e Pastel de Nata, Anis, Super Bock, Sagres, Vino Porto, Pastel de Bacalahu in Portogallo.
Una birra gratificante al Sentiero dei Pescatori, nel Portogallo meridionale.
Quando camminavo solo è capitato molto spesso che mi offrissero da bere alla sera in qualche bar o ristorante dove mi fermavo. Come una colazione offertami da due perfetti sconosciuti spagnoli incontrati per caso in Portogallo. Un venditore ambulante che mi regala due arance solo perché sono passato davanti alla bancarella (io non avevo soldi di piccolo taglio per pagarlo, ma lui mi ha detto: tranquillo è un regalo). Il cous cous più buono e con tanto amore regalatomi da Claude e mamma Fatima della piccola gastronomia Lacle a Auray, Bretagna.
Ad un certo punto, non sappiamo dove dormire. Arriviamo in questo paesino. Sulla destra un cancello aperto, un giardino, un furgone semi aperto e dei rumori tipo pulizie primaverili. Entriamo, ma non risponde nessuno. Poi si affaccia Vincente e ci accoglie e ci concede di montare le tende nel suo giardino. Ci dà la possibilità di ricaricare i cellulari. Mentre ceniamo nel garage, arriva sua moglie che ci porta il dessert (crepes, yogurt). La serata finirà a casa loro tra un caffè, chiacchiere e senza tirar fuori un soldo. La mattina abbiamo provato a lasciare qualcosa ma non hanno voluto nulla.
In che modo il Cammino ti ha cambiato o sorpreso?
Ho scoperto che i francesi non sono antipatici. Probabilmente solo i Parigini. Anzi sono super disponibili se ti vedono andare in giro a zonzo con un zaino mastodontico. Abituato alla “freddezza milanese” trovare così tanta gente disponibile, gentile mi ha dì fatto sorpreso. Anche solo il corriere col furgone che ti vede camminare sotto quaranta gradi, sì ferma e ti regala una bottiglia d’acqua fresca. Come detto prima, sono sempre più convinto che la gentilezza è più forte della cattiveria.
Oggi per dire, sono in Andalucía e sono passato davanti ad un ristorante sulla spiaggia. Non so se per caso ho dato la sensazione che cercassi cibo o che abbia guardato nei piatti ma resta il fatto che superato da qualche metro questo locale, sento chiamare: “Hola Amigo…”. È una ragazza che mi chiede sé ho mangiato o volessi da mangiare. Vedi assurdo. Io davvero non ho chiesto nulla, non mi sono neanche fermato per vedere il menu etc eppure questa ragazza, forse vedendo la conchiglia sullo zaino avrà pensato che non avessi ancora pranzato. È davvero assurdo, come quelli che ti chiedono una foto. Forse sarà la barba lunga, lo zaino gigante che fa molto folclore.
Come si concilia la solitudine e le interazioni sociali sul Cammino?
La solitudine a me personalmente non mi spaventa e non mi ha mai frenato. Forse perché ho spesso viaggiato da solo per i più svariati motivi. Succedeva anche molti anni fa, ad esempio, la domenica molti amici non volevano fare nulla mentre io volevo andare, viaggiare, vedere una mostra, una città, un paesino. Qualche amica, da giovane, mi aveva anche domandato: “ma perché vai solo, non ti annoi, non è brutto?” Io ho sempre risposto: “visto che sono solo non dovrei muovermi, e viaggiare?!” Viaggiare soli ti dà la possibilità di conoscere altre persone. È un po’ come quelle persone che non andrebbero mai in un ostello, in un dormitorio a dormire, ma anzi prenderebbero una stanza singola (magari) d’hotel. Così difficilmente conosci qualcuno, invece se ti mischia tra la folla hai più chance.
Nella foto la città di Chefchaouen, in Marocco.
Esempio stupido è Eva che ho conosciuto sul pullman andando a Chefchaouen (la città blu in Marocco). Se fossi stato in macchina non l’avrei mai conosciuta, non avrei assaggiato le olive di una sua amica che a sua volta ha conosciuto una settimana prima e che l’ha invitata a casa sua tra i monti in un paesino isolato del Marocco. Quindi non ho mai avuto paura della solitudine perché sinceramente sto bene da solo. Ho i miei tempi, le mie cose da fare, ma questo non esclude (assolutamente no) la compagnia. Qualche giorno fa ho fatto una fugace colazione a Gibilterra con Lorenzo (ospitalero sul Cammino Portoghese). Quindi tecnicamente sono solo ma poi incontro gente o sto in contatto con tante persone.
Che ruolo ha la natura nel tuo Cammino?
La natura è una parte fondamentale e che rispetto molto. I paesaggi che ho visto sono stati spesso in posti inavvicinabili se non a piedi. Non mi considero un eco-viaggiatore ma nutro un profondo rispetto per la natura. Non mi vedrai mai buttare una cartaccia o una bottiglia di plastica se non in un bidone. Me la ripongo nello zaino e alla prima occasione me ne libero. Certi tramonti ancora me li sogno di notte. Come quelle scogliere a strapiombo che al momento di passare magari ho maledetto ma poi ho ringraziato per avermi dato la possibilità di ammirare tanta magnificenza.
Cima cammina in una riserva ecologica in Andalusia, Spagna.
Hai trovato qualche rituale o routine specifica utile durante il tuo Cammino?
Dico ad alta voce: “Buen Camino” anche se sono solo prima di mettermi in marcia. Negli ultimi mesi, ma soprattutto quando dormo in tenda, mi sdraio sul materassino mettendomi sul lato sinistro e dico: “buonanotte Vero”.
Quale consiglio daresti a chi stai pensando di percorrere il Cammino per la prima volta?
Di non pensarci troppo, di prendere e partire. Non sono il tipo da consigli sullo zaino, il peso, i vestiti da portare, etc. Per questo ci sono tanti gruppi, guide che io sinceramente ho solo spulciato per il primissimo Cammino, ma poi ho fatto (come spesso accade) di testa mia. Io non ho le pretese e conoscenze di insegnare niente a nessuno. Anche perché non è consigliabile andare in giro con uno zaino da venti chili. Lo fai se te la senti. Lo fai se vuoi. Ma anche solo se l’idea di fare un Cammino ti frulla in testa, allora fallo. Prendi e passo dopo passo capirai perché tutti ne parlano bene, tornano per certi versi persone nuove. Quando condividi le stesse cose, la stessa strada, lo stesso meteo scopri tanta bontà nelle persone che non diresti mai. Può essere un buon modo per guardarsi dentro e capire tante cose su di te e sui gli altri.
Arrivo a Fisterra, in Spagna, ritenuta la "Fine della Terra" (Finis Terrae) e la destinazione finale di un percorso segnato nel cielo dalla Via Lattea.
Come pensi di integrare le lezioni apprese sul Camino nella tua vita dopo aver completato il viaggio?
La domanda implica una fine. Beh credo che questo “viaggio” non abbia una fine imminente. La mia testa viaggia sempre, è in continuo. Sono sicuro che tornerò a casa, come sono sicuro che resterò solo una manciata di giorni. Ho già in mente altre avventure. Certo, come direbbe la mia amica Valeria: “… occhio Cima che prima o poi dovrai trovare un posto dove fermarti per un po’. E attento che dormire ogni sera in un posto diverso è potenzialmente una droga…”. Ha ragione che prima o poi dovrò trovare un luogo o una persona dove fermarmi. Ma finché avrò le forze, la lucidità mentale, la curiosità… continuo.
Ho capito che abbiamo tanti pregiudizi, giudichiamo per sentito dire, ci fermiamo all’apparenza, non approfondiamo mai. Le persone buone sono molte di più di quelle cattive. Se puoi fare un gesto, una condivisione falla. Io tempo fa probabilmente sarei stato egoista. È successo giorni fa. Ho conosciuto un cicloviaggiatore tedesco che stava andando in Marocco… gli ho dato la mia SIM marocchina. L’aiuto non deve essere caritatevole, ma va sentito, deve essere piacevole. Non ci deve essere sempre un torna conto.
Seguite il viaggio di Cima attraverso il suo Instagram: @cimaadventurer
Camminate con tutte le forze del vostro corpo.
Camminate con tutta l'energia della vostra mente.
Camminate su lunghe spiagge come su affilate salite.
Camminate con il sorriso tra piccoli villaggi come su perfide discese.
Camminate con animo tra boschi ancora bui come in vallate all'alba.
Camminate con la stessa gioia sotto pioggia incessante come in un giorno di caldo sole.
Camminate con la voglia di conoscervi senza timore della solitudine e silenzio intorno a voi.
Ed ora fermatevi e godete di una piacevole compagnia come di un tramonto sull'oceano.
Poesia di Roberto Cimarosa, all'arrivo a Fisterra, 23 ottobre 2023.